Il tenut… pff, cheppalle i post di ferie annunciate, ecco.

Allora, invero il punto circola attorno ad una cosa. Non ho una linea fissa e non ho un cellulare figoso che mi permette la connessione né la mia pigrizia mi invoglia a prenderne uno.
Credo che sfrutterò la linea fissa trovata a caso da parenti e amici [quindi al massimo si controlleranno le mail. Ah, se scrivete mi fa piacere. Facciamo che per una volta invertiamo i ruoli, che fa molto avanguardia] nonché spero che qualche hotel di qualche località termale abbia un wifi raggiungibile e scroccabile. Non si chiede tanto, so di andare in posti meno ehm confortevoli di Parigi, però eccheccazzi. L’innovazione fuffologica tende a meno infinito.
Al solito sto tendendo a perdere il filo.
Ah, sì, beh, si rallenta l’attività sglapsica per una mesata circa.
Se andate in astinenza ci sono gli archivi. Mille e settantanove post con questo. Rileggeteli se vi va, e se vi scappa fatene anche una graduatoria. Ma poi non so, andate a leggere gli altri che restano a casa, che stanno bene e si lamentano, che rosicano, che parlano del caldo, che postano i testi della canzone di Tiziano Ferro. Insomma, i blog che restano.
Magari rileggetevi i "Consigli per chi parte per le ferie" [toh ho scritto anche crollario anziché corollario…]
Sappiate che quest’anno le ferie, per rottamosità fisica, saranno una vera faticaccia. Mi si prende male anche a partire, per dire eh. Poi non è che vada tutto molto bene, anzi. Ma si rientra in Tuscia a casina. L’obiettivo è vedere la sora Ari, spero.
Quindi da stasera solo telefonino e portatile scollegati l’un dall’altro. Funzionano gli sms [per chi ha il numero, già]. Mi mancherete e mi mancherà lamentarmi qui sopra.
Baci e Pan di Stelle [oh, mi avanzano quelli…]

P.s. Forse quel sòla di Rigagnolo finalmente aggiorna Sglaps. Anche perché dopo tempo c’è gente che fa ancora cloppete cloppete per una certa storia di un certo concorso. Son cose.

Paolo Nutini.

Gli si dedicò un post su carampanismi, al Paolino, dopo che io e la contessa Ari lo scoprimmo nel più internettiano dei sensi possibili. Mentre stavamo ammirando lo spolverino rosso di Matthew Bellamy e ci abbioccavamo su i The Streets in streaming dal Radio One big Weekend scoprimmo che alle 14 aveva suonato Paolo Nutini lì
"Ecchiccazz’è?", si disse qui.
Ecco, da lì di Paolinobello ne han parlato quasi tutti. Addirittura il giornale in lucchesia del paese da dove il babbo mosse i passi verso la Scozia per andare ad aprire il suo chioschetto di Fish and Chips. E son soddisfazioni, signore mie. Diciamo che il faccino bello di Paolo lo aiuta molto nel far breccia dei cuoricini delle giovini bimbette urlanti. Ma veniamo al dunque. Il diciassette corrente mese è sortito il suo cd. Nome del lavoro "These streets", trainato da un singolo, "Last Request" che è arrivato rapidamente nella top 5 inglese [n.d.Fran, classifica che, quella inglese, mi sta dando soddisfazioni su soddisfazioni, ma sarebbe troppo carampanismo. Guardate chi è da due settimane al primo posto nella chart degli album, gné gné] e gli ha fatto guadagnare il posto come spalla dei Rolling Stones a Vienna.
Orbene, il cd non è malaccio. Se dobbiamo trovare un difetto a Paolo Nutini è che si perde un po’ nei ritornelli delle canzoni, che sono poco incisivi. Crea dipendenza adolescenziale da un lato e dall’altro invece ti fa incazzare se lo relazionano a James Blunt [sarà, ho due effetti diversi. Sentendo Blunt mi darei al cutting selvaggio…]
Del video invero non ci ho capito molto, lui riverso a terra in una gioielleria. Boh, mah, ma chissenefrega in fondo. Però se volete vederlo lo trovate qua.
Ma perché intestardirsi in laudi e incensamenti? Io vi do il link di gigwise per la recensione e alcuni mp3 da ascoltare sotto la canicola.

Apotheke.

Noi in famiglia siamo compatti su pochi argomenti. Pochissimi anzi, cioé non si va mai d’accordo totalmente su tutto. Uno dei punti cardini che mette davvero tutti d’accordo è l’odio verso i farmacisti.
Certo, poi la declinazione è diversa.
Io li odio perché facevo CTF, e quindi chi faceva farmacia era considerato stronzetto.
Mia madre li odia perché più cari dei macellai.
Mio padre li odiava perché fancazzeggiando facevan soldi.
Mia nonna li considera inutili, perché ci studiano 5 anni per fare i commessi.
Poi non è che i farmacisti, anzi… le stirpi dei farmacisti che conosciamo sono così, ahem, simpatici. Anzi, fanno di tutto per tirarsela e apparire odiosi, quindi ciò condiziona il giudizio.
Ecco, il punto è che se troverò aspirina, polase e multicentrum alla Coop io sarò anche felice. Tanto la Coop deve tenere dopo anche un farmacista eh. Solo che pagare 14 euro per il Polase, ecco… beh, capperi. Vuoi vedere che mi conviene comprare il Gatorade e la RedBull sugli scaffali dell’Esselunga anziché il Polase dal farmacista figone qui vicino alla sede Efsa? No, è che magari il Polase mi tira su perché manca il contrappeso nella palanca.
Ormai, se vai in farmacia, i farmaci in fascia A sono un fottìo.
Ah, e l’aspirina? Diobono, l’aspirina… cioé, io devo rifarmi le scorte in crucchia. Ne ho dovuta prendere una scatola per inibire la ciclossigenasi in modo da non avere prostacicline in giro che portassero iperpiressia [cfr. l’ho comprata avendo la febbre] e… ma quanto è aumentata? Signori miei, vabbé che si deve da girare con il prontuario del Generico appresso, prendere il Nimesulide anziché l’Aulin… però se l’acido acetilsalicilico ti costa quanto una pizza alla cacciatora, eh, insomma… poi si parla del potere d’acquisto che cala e cose del genere. Ma se anche per il raffreddore finisco per inebitarmi, beh, Bersani, pensaci tu dai.

Pari opportunità.

Che poi, si parla di pari opportunità, solo Sydney Bristow al quinto/sesto mese di gravidanza va ancora a tirar calci al cattivone che minaccia la sicurezza nazionale del mondo. Il resto delle donne romperebbe i coglioni a chicchessia con le voglie e i corsi preparto.
Lei invece chiama il babbo perché la Jaguar che stava guidando è stata innalzata a sessanta metri dal suolo, con una collega nel bagagliaio in incognito, e insomma non sa mica cosa può fare.
A una cristiana normale già si sarebbero rotte le acque e la placenta si sarebbe già secondando.
Ma a Syd non succede, ma anche lei è umana, e pensa che se ci fosse stato il suo Vaughn scegliere il bavaglino sarebbe stato più facile, ecco. Cazzo, che drammi, datemi un kleenex.
Povero Vaughn, ce lo vogliamo ricordare così.

Michael vartan

[Mi perdonino tutti coloro i quali non sanno un cavolo di Alias, ma sappiate che seguendolo non è che vi si chiarisce meglio tutto veh]

Ho sbagliato corso di laurea.

Nel malaugurato tentativo di terminare tutti i surgelati nel congelatore prima delle ferie oggi la mamma ha scongelato le due porzioni rimaste del sugo con la trota salmonata che feci una mesata fa.
Mi ha chiesto: "Uh, buono… come l’hai fatto?"
Io ve lo dico, altro che scientifico e medicina. Io da piccola volevo fare l’alberghiero e poi fare il cuoco [se tanto mi da tanto come minimo a fine corso di laurea farò il chirurgo…]

Visions of greed you wallow.

Cioè, cazzo, ti accorgi che son passati sei anni. Che il 2000 fu un anno, chiamiamolo così, interlocutorio tra i tanti. Che però insomma fu anche bello, sebbene corse così in fretta da stordirti.
I primi di giugno, tra metà mese e i primi me ne andai in Germania. Sentii suonare Sunburn per la prima volta dal cd, il pezzo di piano mi rimase talmente in testa che non me lo tolsi più. Andammo il dieci a Norimberga a vederli. Ricordo il concerto, ricordo anche che semiubriaca… ma che semi, cazzo quanto avevo bevuto. Parecchio da cantare a squarciagola e rischiare punizioni dal toponimo processo. Ah, sì, fu l’unica volta che vomitai a una ennesima birra perché non avevo mangiato nulla da un giorno e mezzo. Erano le 5 di mattina ed eravamo in giro tra il Burger King e il museo della civiltà tedesca. Tornammo stanchi e sfatti, senza capire quale cosa prevalesse sulle due. Mio cugino si cambiò e andò a lavorare, io presi il treno, andai a Füssen portandomi dietro la bici e feci il percorso inverso fino a Oberammergau. Mi ammazzavo di bici come mio consueto sia in quello che negli anni successivi, mi permetteva di pensare e mi faceva faticare riducendo il morboso giramento di coglioni. Mi permetteva di scordarmi chi era morto, mi permetteva di scordarmi di mio padre, mi teneva distante quello con cui bene o male passai tredici mesi della mia vita più o meno insieme. Il mio rapporto con la Baviera è così intimistico che solo il famoso priore di Velletri sa tutto quello che ci ho vissuto.
Solo che per esempio ricordo due cose di quando fui in Crucchia, o di quando ormai vado lì da parenti. Tre, dai. Se mia cugina era in casa. O lei talmente fatta che avrebbe rimosso la polvere col filo interdentale. O lei in semiastinenza. O lei che suonava. E quando era a suonare lo faceva da Dio, il violino, signori, che strumento. Quando era la seconda opzione erano problemi, anche perché si litigava. Lei e Michael, lei e io, lei e i suoi. Io e lei dandocele di santa ragione, anche. Lei che mi aveva già chiesto aiuto quando Paolo, il mio moroso, c’era ancora. Io lì a essere pronta a sentire lei che ogni volta diceva che non avrebbe più sniffato. Lei come mio padre, così falsi a piangere e a guardarmi negli occhi mentre lo fanno e mi dicono di volermi bene. Come se dire voler bene a qualcuno fosse come chiedergli l’orario. Scema io, alla fine, a crederci.
Ieri l’altro, chiamandomi e usando il suo solito tono normale, mio cugino si è complimentato con me:
"Qualsiasi cosa tu abbia detto a Daniela complimenti, ha tentato… solo tentato di tagliarsi i polsi. Forse stavolta l’aiutano a uscire o a prenderla sul serio.."
Lo diceva serio, non canzonatorio ma esasperato. Mi sono sentita una merda, usando il primo francesismo che posso ripescare. Sebbene gli amici con cui ne ho parlato hanno detto che ho fatto bene a trattarla male e mi hanno ripetuto le cose che di norma pontifico anche io nel trattare col cocainomane di turno. Non so, stavolta ho provato una sorta di rimorso. Sebbene abbia pensato alla mia nipotina che non c’è più per colpa di lei, che in gravidanza decise di non smettere. Sebbene una palata di guano più, palata meno. Non so, sono vulnerabile perché io stessa eccessivamente fragile.
Mio cugino continuava a parlare e poi si fermava a tratti. Parlava dei controlli medici di sua madre e della paura che come me lei potesse ricadere in recidive.
Io pensavo a mia cugina e a quanto mi ripeteva sempre come io fossi fortunata. Già. Me lo diceva sempre incazzandosi. Lei in fin dei conti ha sempre avuto due genitori che le vogliono così bene da perdonarle tutto, un marito che fa lo stesso, un fratello che è sempre corso quando si è tagliata tutte le gambe col taglierino, una cugina che si è tenuta uno zigomo rotto dopo aver litigato dopo la morte della propria figlia. Un bel lavoro da musicista. Il talento del saper suonare. Ha ragione, una vita di merda dopotutto. Stordirsi serve, troppe cose assieme fanno male.
Michael diceva che tenersi troppo dentro quel che si pensa, sulla sorella, gli ha fatto male. Io gli rispondo che almeno sua sorella la odio. Per una serie di motivi. E ripenso a una mail dove mi avevano scritto che proprio con "controlling my feelings for too long" si arriva a scoppiare. Prendo il respiro facendo passare l’aria tra i denti. Dico a mio cugino che forse anche io devo vedere se tagliare definitivamente con mio padre, ma c’è sempre quella voglia che qualcuno possa dirti una volta nella vita qualcosa di buono che ti farà cancellare tutto. Quella voglia è molto più grande di tante altre cose e non ti fa pensare al suo braccio stretto intorno al tuo collo quando era ubriaco o quelle mille parole scritte che a volte rileggi per capire quanto si possa essere crudeli con una figlia annullandole tutto quello che faticosamente riesce a pensare di se stessa.
Dall’altro capo senti dirti che, e lo sai benissimo, se tua cugina è in quelle condizioni è anche colpa dell’autore di quelle cose che raccontavi. Ti vien da piangere, ricordi che nel suo studio tappezzato all’inverosimile di crocifissi bestemmiati a intervalli regolari ti chiedeva sempre scusa mettendosi a piangere. E ti viene da vomitare a pensare a quante cose hai ingoiato in 23 anni, che poi la cattiva, la stronza, l’insensibile, la fredda, quella senza spina dorsale sei tu. Ti senti in colpa, ingiustamente. Vorresti scordare tutto, vorresti superare tutto senza stordirti al solito di iperattività. Ma, fanculo, le cose non sono così semplici da valicare.

Mah…

Quando hai dei fragili equilibri capita proprio che, chi è in ordine alfabetico giusto dopo di te nell’elenco universitario tanto da avere nome e cognome simili, ti chiami dicendo che ha passato biochimica e che siccome sta preparando in fretta patologia se le passi due appunti.
Balenandoti in testa lemmi come "vaffanculo stronza" e auguri di aplasie varie fingi che casualmente il tuo cellulare non prenda più. Ma te vai sedici ore in paranoia. Ti viene il mutismo, chiedi alla mamma se ti vuole bene, chiami tuo cugino e fate a gara a chi fa più minuti di silenzio. Poi dopo i pensieri ti vengono a catena e ti fissi sui malanni fisici. Non sai più cosa pensare, hai voglia solo di stare in silenzio. O in silenzio o a leggere. Con la solita voglia di non sentire nessuno, perché magari sei testona e pensi che l’unico modo giusto sia questo. Probabilmente di sicuro sbagli. Però vallo a capire, vallo.

"Ha ha ha, rrrrido di voi"*

Che poi uno non sa se rendervi edotti. Ma secondo me, insomma, forse forse è il miglior video dei Muse finora. Fossemente (cit.) che Knights of Cydonia la si è usata anche per sottotitolo allo sglaps. Ecco, dunque il video del primo singolo americano di Black holes and revelations. Una tamarrata assurda, girata in Romania, con i Muse a mo’ di ologramma giapponese [Matt che agita le braccia sbraitando a mo’ di sciura ifiglisopiezze’core su "You and I must fight for our rights" è tremendamente rotfl], della gnocca, un unicorno, un sottofondo western, della tamarragine random. Ma è bellissimo, si ride, perlomeno.

*qui una setta carbonara [che saluto vivamente, "guardate sta albeggiando…"] sa molte cose. Ma nell’economia del post ci stava la battuta eh. Son cose.

Peloton.

Icché, assieme a la pelouse, per indicare il prato del campo (da calcio, ad esempio) son i termini più simpatichini che ho sempre amato del francese.
Ma diciamolo, il punto cardine che volevo esplicare è uno. Il Tour de France quest’anno è di una noia astrusa.
Più volte mi son trovata sul mio Vreta color avorio a mostrare al mio quattordici pollici le mie tonsille abbozzate (che mi sarà cresciuto tutto, tranne loro…) mentre Auro (diobono) Bulbarelli e Davide (unodinoierremoscia) Cassani parlavano del più, del meno, di Montreal che sta anche in Francia, di Totò Commesso che si trasferì nella bergamasca, di Voigt che non si pronuncia così ma colì.
E intanto lì in gruppo non c’è un leader carismatico. Ci sono solo le rotonde o rotatorie, quelle lì. Loro almeno fanno selezione. Abrasioni, contusioni, ematomi. La T-Mobile come l’inter, una squadra di prime donne che essendo tutte primedonne…. come dire, cazzo ci va in fuga. Un mormone in maglia gialla. Poi un carneade in maglia gialla.
E noi che l’anno scorso pensavamo "Oh, finalmente il texano si cava dai coglioni, finalmente forse vince o Basso o Ullrich… ma Ian magna come un somaro, forse vince Ivan. Dai, che bello, se vincesse un italiano al Tour…"
E invece un cazzo, sempre lì, a sperare nelle fughe almeno. Che le volate le vinceva sempre l’australiano portatile. Iddio, mandaci la fuga, mandacela.

City of settembre.

Una band degli anni ’70, italiana, fu la PFM. Premiata Forneria Marconi. A memoria meno di una decina di anni fa uscì una loro raccolta di successi. Di loro è impossibile non ricordarsi il primo 45 giri [il singolo di allora] che era "Impressioni di settembre". Canzone bellissima, a tratti meravigliosa. Un testo che coniuga poesia e melodia.

"quante verde, tutto intorno ancor di più in là/sembra quasi un mare l’erba/e leggero il mio pensiero vola e va/ho quasi paura che si perda"

mp3: PFM: impressioni di settembre.

Nel 2002 sono state fatte due cover di Impressioni di settembre. La versione di Battiato è praticamente identica all’originale; quella di Renga è acustica, solo pianoforte e voce: e la cosa bella è che al pianoforte c’è Flavio Premoli, tastierista della storica PFM.
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Già, il gruppo storico della PFM. Tra questi, tra coloro i quali hanno fondato la PFM c’era Mauro Pagani. Pagani lo vedete nella foto qui sopra. In mezzo ai Franz Ferdinand e a Matthew Bellamy tutti alle officinemeccaniche.
Cosa c’entra il leader dei Muse e Pagani lì assieme? Beh, è nata una collaborazione nel nuovo album dei Muse. Beh, credo che tutti ci siamo un po’ accorti di quanto Matt bazzichi l’Italia. Lui ormai è un habitué di Milano, e stando lì cercava uno studio dove provare, creare qualcosa si nuovo tra chitarra e voce. Proprio lì i due si incontrano, Matt cerca di adattare più tracce del nuovo disco sui vecchi successi italiani [oltre Morricone (Knights of Cydonia, eh…) dice di aver ascoltato molta musica italiana predilegendo tra i vari artisti anche uno che è nato il mio stesso giorno, Massimo Ranieri] o perlomeno sugli arrangiamenti della musica italiana. Così nasce, a più mani, ma con le liriche scritte esclusivamente dal cantante inglese, City of delusion.
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Probabilmente City of delusion è una delle tracce più belle di Black holes and revelations. Si azzarda anche la più bella. Presenti, oltre a Pagani, nella traccia altri due italiani. Edoardo de Angelis (violino) and Marco Brioschi (tromba).