La mia compagna di banco era la versione acreativa, imbecille, brutta e ciellina di Frieda Kahlo.
Sì, io ho un particolare ascendente sull’attirare nei miei confronti gente senza coraggio, con strane turbe psichiche, che si attacca come una cozza monitorandomi anche quante volte rutto al giorno (che sono in media cinque, ma non le conto più neppure io).
Non lo chiamerei carisma.
In realtà non ricordo come finii al banco con lei, visto che i primi giorni di liceo stavo vicino a una ragazza a modino. Ma capite che ho un meccanismo di eradicazione dei traumi che funziona molto bene, quindi non ci starò a pensare. Anche perché ci ho pensato diverse volte e mi sfugge ancora.
Fatto sta che siccome lei era odiata da tutti di riflesso vivevo l’odio anche io. Io che inizialmente vivevo il liceo come quella scocciatura che mi faceva svegliare presto la mattina e sottraeva del tempo alle mie preziose attività sportivocommerciali. Difatti siccome io avevo la Stagione andare a scuola a Giugno e a Settembre mi penalizzava pecuniariamente. Dunque sopportai la scuola come si sopporta stare in un parcheggio alla fine di un concerto con la calca verso l’unica uscita, sempre stando attenta a non discostarmi dalla carta da parati con cui facevo perfetto pendant.
F. aveva dei problemini coi peli. Tanto che dopo quattro anni che non aveva fatto nulla per epilarsi sopra il labbro superiore ci teneva tantissimo a mostrare a tutti (anche perché la cura del suo corpo iniziò quando un giorno stavamo studiando chimica e lei chiuse il libro, sbattendo sopra la copertina il pugno ed esclamando: "dobbiamo trovarci un ragazzo!". Io continuai a guardare gli orbitali e le dissi: "non è un problema mio, sono già apposto") i risultati, ma un gruppetto le disse: "ok, e ora come fai per la barba? suggerimenti?".
Naturalmente litigammo l’ultimo anno di liceo perché lei voleva essere accettata a tutti i costi dai compagni di classe. Io le dissi che magari era un po’ troppo tardi, visto che dopo quattro mesi saremo stati tutti all’università. Lei non fu dello stesso avviso, anche perché secondo lei io ero un parassita sulle sue spalle visto che mi doveva passare gli appunti e i compiti a causa del mio star male l’ultimo anno di liceo e per quello le augurai una morte lenta ed atroce (ero giovane e non atarassica: lei non è ancora laureata e ha cambiato 3 volte corso di laurea, godo come un riccio per questo)
Oltre quindi a non essere gnocca e neppure simpatica (uhm, due persone che non capivano le battute…), non avere interessi, né gusti musicali, né essere allegra ed essere incommensurabilmente spaccaballe (si alzava alle sei per ristudiare dopo che io e lei s’era studiato dalle 15 alle 19) ed estremamente lenta nel fare le cose aveva anche la sua realizzazione nello scoutismo.
Ora, a me, gli scout come organizzazione fan paura. Ed è tutta colpa dei suoi racconti.
Qualche volta mentre ero a casa sua ho subito anche qualche riunione scout, ma ho rimosso tutto. Non sono cose che fanno per me e per di più pensare a scaricare ‘sti figlioli al freddo e al gelo nei boschi nelle mani di gente a cui non lascerei neppure il mio rottweiler con istinti killer per la toeletta è un pensiero che mi mette un bel po’ di pensiero.
Oltre a parlarmi di scene di aggrovigliamenti beduini durante le giornate della gioventù [a cui lei non partecipava perché all’epoca diceva che le faceva anche schifo baciarsi, poi fece "le scarpe" alla nostra comune amica rubandole il tipo, ma son dettagli] che iniziavano quando davano la parola d’ordine notturna.
Quella frase era: Viva la figa.
Poi mi raccontava di quando si sperdeva in campeggio sui monti della Sila. Una volta eravamo a mangiare io, la mia amica omonima e lei. D’un tratto ci parla di questo campeggio così rocambolesco e del maltempo subito. Io cercavo di captare una parola ogni trenta dette per non annuire erroneamente ma improvvisamente la nostra attenzione venne destata d’improvviso, visto che io e Francesca siamo due fan sfegatate dell’igiene personale (F. meno, infatti come dire, starle vicino d’estate era come star vicino a un cocker spaniel): "… beh, siccome non ci potevamo lavare al fiume presi la bottiglietta in dotazione e mi feci il bidet sotto la tenda dopo una settimana, ché non ne potevo più."
Lo sguardo mio e di Francesca si tramutò nella stessa espressività odierna della Carfagna.
Da quel giorno non bevo più ferrarelle da mezzo litro neppure se sto per svenire.